Le 6 aree di impatto ambientale del modello Regg3
GHG (Green House Gas) Emissions: questo indicatore misura quanto gas serra viene rilasciato nell’atmosfera dalle attività umane, come l’uso di combustibili fossili e le emissioni di metano dagli allevamenti. Un livello eccessivo di questi gas peggiora i cambiamenti climatici, accelera la perdita di biodiversità e danneggia gli ecosistemi, con conseguenze anche per le comunità umane. Ridurre queste emissioni e aumentare la capacità di assorbire i gas serra è cruciale per mantenere un equilibrio ambientale che tuteli il nostro futuro.
Ecological Footprint: misura quanta superficie produttiva è necessaria per sostenere il nostro consumo di risorse e assorbire le emissioni di CO₂. Questo indicatore include 6 componenti principali: terreni coltivati, foreste, aree di pesca, pascoli e terreni edificati i quali riflettono l’impatto delle attività umane sul pianeta. L’indicatore è utile per confrontare il nostro consumo di risorse con la capacità della Terra di rigenerarle. Ogni risorsa estratta consuma una parte di Terra, mentre le attività rigenerative ricostruiscono queste risorse.
Material Footprint: misura i materiali estratti (minerali metalliferi e non, combustibili fossili, biomassa) e utilizzati per produrre beni e servizi, indipendentemente dal luogo di estrazione. È un indicatore del grado di linearità o circolarità dei nostri processi produttivi. Più materiali estraiamo, utilizziamo e scartiamo, più “consumiamo” il pianeta. Al contrario, pratiche come la circolarità, l’uso di materiali sostenibili e il riciclo aiutano a ridurre l’impatto sull’ambiente e preservare le risorse terrestri.
Phosphorus: misura la quantità di fosfati utilizzati, ad esempio, nelle attività agricole. Il fosforo, elemento chiave nei fertilizzanti e nei detergenti, se presente in eccesso può raggiungere i corpi idrici, provocando fioriture algali che danneggiano gli ecosistemi acquatici. Ridurre l’uso di fosfati e adottare fertilizzanti naturali o pratiche rigenerative aiuta a preservare l'equilibrio degli ecosistemi, prevenendo impatti negativi.
Nitrogen: misura l’uso di composti azotati, particolarmente rilevanti in agricoltura e nell’industria. L’azoto in eccesso può causare eutrofizzazione dei corpi idrici, provocando una crescita algale eccessiva, oppure può disperdersi nell’atmosfera come gas serra ad alta potenza. Ridurre l’impiego di azoto e adottare soluzioni eco-compatibili o pratiche rigenerative contribuisce a ristabilire gli equilibri naturali degli ecosistemi.
Biodiversity: misura la salute e la varietà degli habitat naturali, sia terrestri che marini, valutando la ricchezza delle specie e la qualità delle aree protette. Attraverso dati su foreste, uso del suolo e riserve naturali, identifica le zone cruciali dove è fondamentale proteggere specifiche specie a rischio. Conservarle non solo aiuta la natura a mantenere un equilibrio, ma rafforza la capacità degli ecosistemi di adattarsi ai cambiamenti e di continuare a offrire benefici, come aria pulita, sani cicli naturali e risorse per le comunità.