Cosa ti ha spinto a fondare Regg3?
Jenny: “il bisogno che il mondo di chi fa business prenda sul serio la generazione di impatto”
“Sono sempre stata affascinata dalla dedizione degli operatori del terzo settore: il modo in cui si prendono cura delle persone con disabilità, delle specie animali a rischio e di quelle cause fondamentali che ci distinguono come esseri umani. Questi interventi ci mettono in contatto con la diversità e con un ecosistema ben più ampio della nostra individualità.
Al contempo, ho studiato economia all’Università Bocconi, un ambiente altamente competitivo, dove l'economia che ho appreso era quella classica, individualista e liberista. Nonostante le teorie, che possono essere più o meno condivisibili, sentivo una naturale inclinazione verso il mondo del business.
La mia visione si è chiarita quando ho scoperto il percorso di una ex manager IBM, che aveva scelto di guidare la onlus Dynamo Camp con un approccio orientato ai risultati. Questo mi ha fatto capire che molte organizzazioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica, stavano già facendo “business with a purpose”. Tuttavia, questo valore restava nascosto e non si rifletteva nei flussi di cassa, mentre business basati su consumi insensati prosperavano a scapito dell’ambiente e delle persone.
Da qui è nata l’idea di Regg3: una piattaforma per dare valore a chi genera impatto rigenerativo e offrire strumenti concreti a chi vuole convertire i propri danni in valore positivo.
Oggi, Regg3 unisce impatto, finanza e digitale per promuovere un’economia davvero rigenerativa.”
Gigio: “La necessità di portare chi fa business a comprendere l’opportunità concreta di creare valore attraverso l’impatto”.
“Fin dall’università mi sono appassionato alle tematiche di Economia Ecologica, studiando modelli che integrassero le valorialità economiche con quelle sociali ed ambientali. Siamo inestricabilmente legati alle nostre comunità umane e naturali, e viviamo necessariamente dei servizi, beni che ci forniscono.
Credo che un buon modello economico debba darci un’immagine completa della creazione o disgregazione di valore sociale ed ambientale legate alle nostre attività, perché queste non avvengono in un sistema isolato. Nessuno di noi è un’isola, e non lo è neanche l’economia, che non può prescindere dagli effetti che ha sui mondi entro i quali agisce. Più ho approfondito la tematica, e più mi sono reso conto del fatto che in buona misura, i modelli economici utilizzati prescindono in modo pressoché totale dal considerare il valore dei servizi e dei beni comuni offerti da società ed ecosistema naturale, e che proprio da questa alienazione derivassero tanti disastri sociali e ambientali considerati quasi “necessari effetti collaterali del nostro benessere”.
Credo che l’immane inefficienza della nostra macchina economica dipenda dal fatto che semplicemente non vediamo il valore sociale ed ambientale. Non lo computiamo come facciamo con gli altri beni e servizi scarsi in economia. L’esempio più lampante è quello dei cambiamenti climatici, dove l’inserimento di una variabile ambientale nelle previsioni economiche svela una serie di rischi (e automaticamente opportunità) che hanno stravolto interi settori, a partire dall’energia, settore dove ho lavorato per tanti anni, proprio occupandomi di transizione energetica sostenibile.
Il modello Regg3 vuole essere un mezzo scientifico per direzionare l’attività economica a rigenerare ambiente e società. Fenomeni come il cambiamento climatico, le estinzioni di massa, la crescente polarizzazione del potere d’acquisto e la sistematica esclusione sociale di fette consistenti delle nostre società ci dicono che c’è una enorme necessità di agire in tal senso. Se riusciamo a “fotografarla” con i dati giusti, questa necessità può avere tutte le caratteristiche di una storica opportunità di mercato.